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"L'isola a forma di quaglia" di Vittoria De Marco Veneziano
Presentazione a cura di
Arturo Messina
          Vittoria De Marco Veneziano, già da alcuni anni salita agli onori del mondo culturale e letterario, è alla sua seconda esperienza di scrittrice di romanzi; i suoi non sono storici, né gialli, né rosa, né di fantascienza, bensì "romanzi d'intimità", romanzi dello spirito; né tampoco sono romanzi che si prefiggono la divagazione bensì, l'edificazione che lei riesce a travasare nella sua narrazione incontaminata da ogni scoria di sovrastrutture espressive fittizie, sorretta e corroborata dalla più solida impostazione di base, costituita dalla visione finalistica esistenziale, dalla fede incrollabile nell'ordine dell'universo e del suo Ordinatore che "Motor immobilis, omnia movet" tutto muove ai più imperscrutabili piani.
          Già dalla sua prima opera letteraria "La farfalla dalle ali spezzate" si rivelava in possesso del più raro talento di narratrice di esperienze vissute che esulassero, tuttavia, da ogni mero e freddo diarismo, ma fossero in grado di elevarsi dal vissuto individuale a quello sociale, sì che il lettore provasse la sensazione di globale compenetrazione, di totale compartecipazione e coinvolgimento, facendole proprie e sentendosene edificato, sì da essere anch'egli spinto alla solidarietà sociale, all'interazione nella comunità, alla partecipazione attiva, alla realizzazione di un edificio umano migliore e più sereno, più pacifico, alla comprensione e soprattutto alla riappacificazione, come nella vicenda che espone, in questo secondo libro, di Vera e Sandro che, se attraversano un momento critico, hanno la fiducia che dopo la tempesta viene sempre il sereno.
          L'agevola in ciò proponendo frequentemente, lungo la narrazione, delle riflessioni proprie o citandogliene altre di insigni autori, sempre pregne di saggezza.
          Il pregio del messaggio che comunicava con il primo romanzo e comunica con questo scaturisce sia dall'originalità delle tematiche, della loro impostazione, strutturazione, sviluppo e approfondimento, sia dalla scorrevolezza dello stile, dalla ricchezza delle immagini, dalla profondità del sentimento che sostiene la sua espressione: frutto della sua esperienza di donna, di madre particolarmente provata dalle tante quotidiane sofferenze, dalle tante quotidiane lotte combattute contro le più drammatiche vicende avverse fin dalla nascita dell'unica sua creatura, Maria, nata con una delle più gravi e incurabili malattie, la cerebrolesione, costringendola a rinunziare a qualsiasi altra attività che non fosse l'incessante premurosa attenzione per la salute della figlioletta "che l'ha resa orgogliosa di esserle la madre", come diceva ad apertura del suo primo libro, la cui edizione è stata curata dalla "Erga Edizioni" di Genova.
          Tanti sacrifici non potevano non darle, tuttavia, i migliori frutti di una rara maturità, sia sotto il profilo umano, sia sotto il profilo culturale, letterario e artistico.
          Tali straordinari frutti di piena maturazione umana, sociale e artistica, acuendone la sensibilità e la delicatezza della persona e dell'artista, si erano già pienamente rivelati nella sua prima opera, "La farfalla dalle ali spezzate", che aveva messo in rilievo, oltre che i pregi contenutistici e formali, quelli che rendevano più affascinante la lettura: quelli della originale formula narrativa. Il romanzo era, infatti, un'unica lettera della lunghezza di oltre trecento pagine distribuite in trentanove capitoli.
          Mentre nel primo romanzo si rivolgeva in modo particolare ai lettori maturati da un vissuto doloroso simile al suo, per offrire loro una motivazione ad accettare la croce che il Signore dà, dando comunque, contemporaneamente in proporzione, la forza per portarla, in questo si rivolge all'attenzione, alla sensibilità e al gradimento di tutti i lettori, qualsiasi vissuto e qualsiasi età essi abbiano, anche ai ragazzi.
          Dimostra il suo intento, di rivolgersi anche ai ragazzi, fin dalle prime pagine, partendo dallo scenario ambientalistico e sociale, sì, ma in modo particolare culturale, scolastico, educativo.
          Alla capacità descrittiva di notevole valenza nell'attrarre l'attenzione del lettore, anche ragazzo, verso l'ambiente, con la ricchezza e la vivace coloritura dei particolari nelle descrizioni, aggiunge subito quella educativa, soffermandosi da un canto nel raccontare come Vera fosse riuscita a suscitare prima la curiosità, subito dopo l'interesse e quindi il desiderio e il gusto per la lettura.
          Amplia la sfera dell'interesse nella dimensione didattica sostenendo che i grandi, i maestri se vogliono ottenere risultati positivi verso i ragazzi, devono dimostrare la massima disponibilità verso i ragazzi:
          "La colpa è nostra – fa dire a Vera facendola rivolgere appunto ai grandi, ai maestri – la colpa è di noi adulti, perché non riusciamo più a trasmettere ai ragazzi i valori che li aiutino a crescere con fierezza ed energia. Occorre rimettere al centro la potenzialità della persona. Bisogna aiutarli a gestire la propria fragilità!" ( pag. 11).
          La fine scrittrice riesce a cogliere ogni minima occasione per suscitare l'attenzione, la riflessione, del lettore e stillare in lui calde stille di saggezza e di bontà con sempre più nuove e originali immagini, con sempre più magistrali tocchi di cromatismo stilistico, ma anche di umanità, come quando, presentando la sua barboncina Lilly, esorta ad amare gli animali, dicendo che amare gli animali ingentilisce l'animo e che gli animali "rendono tutto l'amore che ricevono, forse anche di più, molto di più"
          Ma la sua attenzione è rivolta soprattutto alle giovani coppie, come Vera e Sandro, che hanno attraversato un mare tempestoso simile a quello attraversato da Lei e il suo Nino (la morte della loro unica creatura, sia pure in diversa età e con sindrome diversa: Maria cerebrolesa dalla nascita morì all'età di 24 anni); Davide nato perfettamente sano ma trovato morto improvvisamente nella culla per " un caso che si verifica ogni 350 nati sani, diagnosticò il dottore" (pag. 185) ma che hanno saputo "uscire fuor del pelago alla riva" per mezzo della Fede: Fede che nel primo libro sta nella fiducia in Dio che " se ci dà la croce ci dà anche la forza per portarla" e in questo sta Vera che ha fiducia in un migliore domani ed esso appare con la nascita d"un altro bambino.
          Pittrice, ritrattista di anime, oltre che di ambienti, paesaggi, vegetazione, esseri razionali e irrazionali, spesso si diletta non solo a realizzarne bozzetti con linea sicura e rapida, ma si sofferma anche a sovrapporre minutamente tonalità svariate di pigmenti cromatici descrittivi, che evidenziano il non comune talento letterario nel mettere in risalto i risultati delle sue acute analisi, dei suoi profondi scandagliamenti fin nei più reconditi meandri dello spirito delle cose e degli esseri, che sa agilmente attingere con la più rara sensibilità, acuita dall’assidua e bene assimilata lettura formativa oltre che informativa, per quindi passare alla più convincente e avvincente comunicazione.
          E' un raccontare in chiave retrospettiva la sua che (dopo il quarto capitolo e negli ultimi, in cui è la scrittrice che racconta e non Vera) comincia dal 1968 – l'anno della contestazione giovanile – quando Vera si era appena maturata e termina quando Vera ricorda tutto il suo passato, quasi riflettendolo allo specchio mentre sta aspettando l'arrivo di Luca, il "figlio della sua fede", e Margaret, la fidanzatina inglese, includendo nella vicenda anche i fatti di cronaca più salienti che man mano sono avvenuti, rendendola così ancor più avvincente. Ricorda, ad esempio, che nel '78 ci furono ben tre Pontefici e la tragedia di Aldo Moro.
          E' un raccontare ricco anche di citazioni di grandissima valenza sociale come il detto di Hermann Hesse che ben si addice alla stessa opera dell'autrice: "I libri hanno valore solo se guidano alla vita, se sanno servirla e giovarle" ma anche di riflessioni personali, soprattutto di stupende visioni paesaggistiche descritte con una rara dovizia di particolari, colorate di espressioni, di immagini, di tocchi stilistici di grandissimo effetto: è un libro di notevole valenza, oltre che per i suoi notevoli pregi letterari, per quelli umani e formativi, che, oltre ad essere degno di essere letto, di essere raccomandato a coloro che sono abituati alla lettura seria e costruttiva, è raccomandato ai giovani che hanno effettivo bisogno di letture che guidino la loro vita e sappiano "servirla e giovarle".

Arturo Messina

Siracusa 17/03/2010