Vittoria De Marco Veneziano non è solo una scrittrice. E' anche una magnifica conferenziera, richiestissima, e dall'incontro con le sue platee di associazioni, di lettori e di scolaresche ha sempre tratto la linfa per dedicarsi a nuove storie e nuove analisi.

Ma ... arriva il Covid, la pandemia, la quarantena. E - peggio - l'autrice si infortuna ad una caviglia. Cosa può fare una scrittrice/conferenziera, abituata a parlare, a confrontarsi, che vive di dialogo, nel tempo della quarantena, immobilizzata due volte?

Ovviamente scrive! Certo, scrive, dialogando in silenzio con l'inconnue, il virus, l'incognita che tutt'oggi ci circonda. Ma soprattutto si pone in silenzio ad ascoltare i rumori, il mare, i pochi dialoghi per strada, il variare dei fiori (importante presenza) e delle stagioni. E si interroga sulla presenza dell'inconnue nella società, nell'informazione, nella politica.

A queste riflessioni è dedicata la prima parte del presente volume.

Ma poi, complice la reclusione, arriva il momento di fare i conti con le proprie storie, con racconti più lunghi e intimi, in cui prendono vita alcune figure che restano per sempre nella nostra memoria. Si tratta ad esmpio di Bruno, il ragazzo buono e diverso che si rende attore di un gesto di salvezza. E si tratta del largo quadro di famiglia che l'Autrice ha scritto di getto, narrando la storia vera dell'assassinio del nonno da parte delle SS durante il regime nazista in Baviera. Episodio che come tanti altri veniva narrato da un'altra grande affabulatrice, la madre di Vittoria, e che riesce a colpirci per i colori, i suoni, le emozioni di una tragedia storica vividissima.

(Erga Edizioni 2021)